Scrambler Therapy: l’intelligenza artificiale per la cura del dolore


La nascita ufficiale della neuroelettroanalgesia si fa risalire al 47-48 DC con le Compositiones” di Scribonio Largo. Il liberto Scribonio, originario della Sicilia, era un medico militare sotto l’imperatore romano Claudio e si dedicò alla professione, curando pazienti appartenentia ogni grado sociale, dai membri della casa imperiale agli schiavi. Trasferì tutta l’esperienza in quest’opera, costituita da 271 ricette mediche (222 proprie e 49 ereditate da altri suoi colleghi).

Se la maggior parte di questi rimedi rientra, per lo più, nella tradizione della medicina popolare antica, di notevole rilievo e del tutto inattesa è invece la terapia suggerita nel caso di cefalea pregressa e insopportabile, suggerendo di sfruttare la corrente elettrica delle torpedini [11-1]: 


« Capitis dolorem quamvis veterem et intolerabilem protinus tollit

et in perpetuum remediat torpedo nigra viva imposita eo loco,

qui in dolore est, donec desinat dolor et obstupescat ea pars, quod

cum primum senserit, removeatur remedium, ne sensus auferatur

eius partis, plures autem parandae sunt torpedines eius generis,

quia nonnumquam vix ad duas tresve respondet curatio, id est torpor,

quod signum est remediationis”.


“Il mal di testa, per quanto pregresso e insopportabile, viene

guarito e risolto per sempre da una torpedine nera viva, applicata

sul punto dolente, fino a che il dolore scompaia e la parte

rimanga intorpidita. Non appena si sarà accertato questo, si

toglie il rimedio, perché non ottunda la sensibilità di quella

parte. Si devono poi preparare molte torpedini di quel tipo,

perché raramente con appena due o tre applicazioni la cura è

efficace, vale a dire quando subentra l’intorpidimento, che è il

segno della guarigione”.


La BioCibernetica al servizio della medicina



La cibernetica è  la “Scienza che si occupa dello studio unitario dei processi riguardanti la comunicazione e il controllo nell’animale e nella macchina» - ( N. Wiener 1947). Quando la cibernetica è applicata ai sistemi viventi, si parla allora di biocibernetica.

Per questa disciplina, gli organismi viventi sono caratterizzati dalla persistenza di un equilibrio omeostatico, che ne garantisce la vita. Quando vi è, per diverse cause, l’alterazione di questo equilibrio, le funzioni vitali dell’organismo sono conseguentemente alterate, fino a mettere a repentaglio la sua stessa vita.

Nel contesto medico-clinico, la definizione del  dolore è quella di “un'esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno» [International Association for the Study of Pain – 1986].

In accordo ai principi della biocibernetica, il dolore rappresenta invece una informazione trasmessa per mezzo di canali di trasmissione [le fibre nervose, i nervi] al sistema nervoso centrale [encefalo], il quale, a su a volta, risponde, mettendo in atto una serie di reazioni.

Nel dolore acuto, l’equilibrio omeostatico del sistema è rapidamente ripristinato, appena il dolore cessa. Ciò nella pratica medica generalmente coincide con il cessare della causa del dolore stesso, una volta messi in atto i diversi trattamenti a disposizione (farmacologici, chirurgici, fisici, etc…).

Nel dolore cronico, dovuto invece alla persistenza delle cause del dolore, o a un danno dei canali di trasmissione (ad esempio per una neuropatia) o a un dolore viscerale (derivato da organi malati), l’equilibrio omeostatico spesso non può essere ripristinato. Quando il dolore persiste, si instaurano complesse reazioni, capaci di modificare l’informazione originale scatenante il fenomeno dolore (sensitization-autonomization). Il risultato può essere una graduale e completa inefficacia di tutte le terapie a disposizione.

Le informazioni trasmesse al cervello attraverso i canali di trasmissione, in riferimento alla “teoria dell’informazione” enunciata da Claude Shannon nel 1948, devono avere due proprietà essenziali: contenere dei segni e anche delle regole. Se pensiamo a qualsiasi lingua scritta o parlata, ci rendiamo conto  che essa è costituita da un alfabeto e anche da regole, che vanno dalla corretta disposizione delle singole lettere per formare una determinata parola,  alle regole di sintassi, tutte condizioni indispensabili per poter comunicare tutto quello che si ha in mente.

Se vogliamo tentare di impedire la decodificazione del dolore a livello cerebrale, agendo dalla periferia (dalla zona dove si avverte il dolore) abbiamo due possibilità: la prima è quella di ostacolarne la trasmissione mediante un blocco analgesico e la seconda di sostituire l’informazione, usando un’informazione artificiale come principio attivo.

La prima opzione è quella che viene attualmente più adoperata al giorno d’oggi e fa riferimento alla teoria del dolore [gate control – teoria del cancello] elaborata da Melzack e PD Wall nel 1965. Vedi figura sottostante.



Questa teoria si basa sulla differenza di potenziale tra le fibre C (fibre del dolore) e le fibre Aβ (fibre da recettore tattile), attraverso l’azione su un inter-neurone inibitorio. Se prevale il potenziale delle fibre C, il cancello si apre e lo stimolo del dolore viene trasmesso al cervello. Se prevale il potenziale delle fibre Aβ, il cancello si chiude e non avviene trasmissione di stimolo dolorifico.

L’ipotesi di operare bloccando la trasmissione nervosa viene invece rigettata nettamente dalla biocibernetica, che all’opposto vede l’assenza di informazione come causa possibile dell’incremento dell’entropia con conseguente origine di disordine dell’informazione nel canale nervoso, e conseguente sviluppo di reazioni del tipo "adaptive", che vanno a incrementare a lungo andare la sensibilità allo stimolo doloroso stesso.

Il criterio teorico fondamentale da adoperare, sempre secondo la biocibernetica, è quello dell’”uso dell’informazione come principio attivo”.

Ma che tipo di informazione ?

Quando noi siamo sani, siamo abituati a pensare che lo stato di benessere derivi dall’assenza di malattia. Ma può non essere cosi ! Nel nostro organismo in questo istante vi sono una moltitudine di processi attivi (biochimici, bioelettrici..), la cui attività garantisce il mantenimento dell’equilibrio omeostatico, con conseguente assenza di malattia. Da questo punto di vista ci viene facile capire che, oltre allo stimolo che ci fa venire il dolore [stimolo dolore], ci possa essere uno stimolo opposto che ce lo fa passare [stimolo non dolore] e che quest’ultimo [stimolo non dolore] sia sempre presente e contribuisca costantemente a mantenere il nostro equilibrio omeostatico e quindi il nostro stato di salute.

Va da sé che lo stimolo che dobbiamo far trasmettere è uno stimolo non dolore, sostituendo cioè l’informazione “dolore” con l’informazione artificiale “non dolore”, nel pieno rispetto della teoria dell’informazione su enunciata.

Essenzialmente, questa sorta di “neurone artificiale” deve produrre uno stimolo di “pain scramble” e essere un sistema capace di interferire con la trasmissione del segnale “dolore”, mixando sulle stesse vie di trasmissione [le fibre C] ilsegnale scramble di “non dolore” e modificare il contenuto [dal dolore al non dolore] , mascherando l’informazione originale.

Tale condizione viene ottenuta con la simulazione delle sequenze di biopotenziali, artificialmente generati con sintesi digitale e aventi le seguenti caratteristiche:

  • Compatibilità con il canale trasmittente e ricevente
  • Compatibilità con il contenuto dell’informazione
  • Ottimizzazione globale della simulazione con le caratteristiche del sistema biologico.

Vediamo come il ricercatore Giuseppe Marineo ha risolto alla fine degli anni ‘90 tutte queste problematiche, mettendo a punto l’MC-5A, l’apparecchiatura per la scrambler therapy attualmente in uso.

È stato concepita l’azione di un set di forma l’onda (generati da microprocessori) mediante il contemporaneo utilizzo di 16 differenti algoritimi (algoritmo=insieme delle 

operazioni/procedure per risolvere un problema), che simulano il più esattamente possibile il trend geometrico dei biopotenziali endogeni (dell’organismo). Con l’utilizzo di “pacchetti di informazioni”, il cui contenuto varia secondo i differenti algoritmi, è possibile simulare “un segnale self”, ridurre la sensazione di un segnale estraneo, decodificando uno stimolo dominante per mezzo di una sovramodulazione dei potenziali endogeni.

Si ipotizza che il cervello, ricevendo questo “stimolo di non dolore” artificiale, ma allo stesso tempo riconosciuto come “self” (proprio) [informazione scrambler], impari a  rimodellare i suoi contenuti generando una risposta adattiva crescente, che conduce alla riduzione graduale

dell’intensità e della frequenza dello stimolo dolore, con il risultato finale di un graduale ripristino anche della soglia soggettiva del dolore.

L’equilibrio omeostatico è quindi ripristinato.